L’angoscia è uno stato psichico caratterizzato da un sentimento di ansia e apprensione. A differenza della paura, le cause dell’angoscia sono sconociute, o comunque non immediatamente visibili. A differenza della paura, la quale è vista dall’essere umano come una situazione pericolosa da cui scappare o a cui rispondere con violenza, l’angoscia è percepita come una situazione catastrofica.
Mentre la paura è più una risposta ad uno stimolo esterno o interno, l’angoscia è un senso di frustrazione e malessere, che talvolta può portare a vere e proprie malattie, tra cui paranoie, fame nervosa e atteggiamenti autolesionisti.
Il filosofo tedesco Martin Heidegger descriveva l’angoscia in questo modo:
«Con il termine angoscia non intendiamo quell’ansietà assai frequente che in fondo fa parte di quel senso di paura che insorge fin troppo facilmente. L’angoscia è fondamentalmente diversa dalla paura. Noi abbiamo paura sempre di questo o di quell’ente determinato, che in questo o in quel determinato riguardo ci minaccia. La paura di… è sempre anche paura per qualcosa di determinato. Nell’angoscia, noi diciamo, uno è spaesato. Ma dinanzi a che cosa v’è lo spaesamento e cosa vuol dire quell’uno? Non possiamo dire dinanzi a che cosa uno è spaesato, perché lo è nell’insieme. Tutte le cose e noi stessi affondiamo in una sorta di indifferenza. Questo, tuttavia, non nel senso che le cose si dileguino, ma nel senso che nel loro allontanarsi come tale le cose si rivolgono a noi. Questo allontanarsi dell’ente nella sua totalità, che nell’angoscia ci assedia, ci opprime. Non rimane nessun sostegno. Nel dileguarsi dell’ente, rimane soltanto e ci soprassale questo nessuno. L’angoscia rivela il niente. Che l’angoscia sveli il niente, l’uomo stesso lo attesta non appena l’angoscia se n’è andata. Nella luminosità dello sguardo sorretto dal ricordo ancora fresco, dobbiamo dire: ciò di cui e per cui ci angosciavamo non era “propriamente” – niente. In effetti il niente stesso, in quanto tale, era presente».