In questo articolo vogliamo parlare di 2 tipologie di malattie genetiche legate alle gonadi.
Iniziamo con la sindrome di Kartagener, la quale è una malattia genetica ereditaria dovuta all’alterazione della funzione e della conformazione delle ciglia della mucosa respiratoria.
In particolare, essa è causata dalla non corretta sintetizzazione della dineina, pertanto anche il funzionamento delle ciglia mobili è alterato.
La sindrome è caratterizzata dalla triade situs inversus, sinusite cronica, bronchiectasie.
Gli effetti della sindrome di Kartagener riguardano anche le gonadi, poiché essi sono riscontrabili anche a livello delle tube uterine, dove le ciglia, restando immobili, ostacolano il percorso dell’ovocita verso l’utero.
La sindrome di Kallmann, invece, è una condizione genetica caratterizzata da ipogonadismo ipogonadotropo e da anosmia o disosmia.
È una malattia rara, ma che colpisce sia gli uomini (più frequentemente) che le donne. L’incidenza negli uomini è di 1/10.000, nelle donne è di di 1/50.000.
Le modalità di trasmissione genetica della sindrome sono: legata al cromosoma X, autosomica dominante e autosomica recessiva. La sindrome di Kallmann legata al cromosoma X è senza dubbio la più frequente e la più studiata, poiché il gene responsabile (KAL1) fu scoperto per primo e individuato come causa della malattia. Solo successivamente fu individuato il gene FGFR1 responsabile della trasmissione autosomica dominante.
La causa della sindrome è la ridotta secrezione dell’ormone ipotalamico GnRH, che causa mancanza di produzione da parte dell’ipofisi degli ormoni FSH e LH, necessari per allo sviluppo delle gonadi. Per questo la sindrome si manifesta principalmente con ipogonadismo.
Un’altra caratteristica fondamentale della sindrome è l’anosmia, ovvero assenza di capacità olfattive, o comunque di significativa riduzione di tali capacità (iposmia).
Altri sintomi sono, ovviamente, le ridotte dimensioni dei genitali e in molti casi azoospermia.
Per gli uomini la terapia consiste nella somministrazione di gonadotropine o testosterone, nelle donne nella somministrazione di estrogeni e progesterone. La pubertà non rende di per sé il paziente fertile, ma è possibile indurre la fertilità con le terapie già esistenti e con risultati più o meno positivi a seconda della gravità della malattia.
Una volta giunta la pubertà, comunque, è necessario seguire la terapia a base di ormoni per tutta la vita.